meno sappiamo e piu' lunghe sono le nostre Spiegazioni

mercoledì, settembre 19, 2007

A Jerome piace...

Sono finiti i tempi bui, evviva. Ho dato gli esami che mi permetteranno di diventare nientepopodimeno che dottore già a Dicembre. Pensa un po' come vola il tempo, mi sembra ieri che facevo sul mio quaderno di prima elementari quelle inutile "grechine", delle speci di ghirigori ondulati che sarebbero dovute servire a separare i testi quando ancora non sapevamo scrivere.

Ora che ci penso è una bella metafora della scuola italiana, ti insegna a separare A da B senza che tu conosca nè l'uno nè l'altro.

Beh, sedici anni dopo le grechine si chiude un primo capitolo.

In questo mese ho pensato a diverse cose che mi sarebbe piaciuto poter riportare su questo spazio, ma ogni idea veniva scavalcata implacabilmente da un'altra e così via.

Per esempio coltivo un sogno. Qualcosa di simile al film sul pasticciere trozkista di Moretti; il mio è scrivere le regole del Monopoli socialista. Proprio così, l'idea mi è balenata dopo una bruciante sconfitta subita questa estate dalla mia bella a Monopoli, che ha tuttavia innescato un senso di colpa devastante nel sottoscritto. " Non è giusto" ho pensato, Monopoli è uno spietato mostro di indottrinamento neoliberista, che sprovvisto di qualsiasi forma di ammortizzatore sociale esaspera esponenzialmente un modello che trasforma i ricchi in ricchissimi e i poveri in disperati.

Non è molto educativo per un gioco che è indicato per giocatori "dai 6 ai 99 anni"

Ci vorrebbe un monopoli in cui per esempio nessuno può acquistare più di un numero determinato di proprietà,o in cui al passaggio dal via la cifra elargita sia proporzionale a reddito e patrimonio. A ben pensarci non c'è nemmeno alcuna norma antitrust, si può diventare proprietari di Società Elettrica e Acqua potabile senza alcuna restrizione.
L'unico gesto di civiltà sono quei cartoncini, malefici per chi gioca, che tassano singolarmente ciascuna proprietà immobiliare. Ricucci e furbetti vari evidentemente da giovani questa regola la eludevano bellamente.


Accidenti mi sto sbilanciando troppo, prometto che lo farò: pubblicherò per intero le regole del monopoli socialista.

Il motivo per cui non posso farlo ora è che nel mio disperato tantativo di apprendere la lingua francese ad un livello leggermente superiore al " Je suis Catherine Denueve"mi sono confrontato con un po' di filmografia francofona. Tra queste ho riamato, anche di più possibilmente, "Il favoloso mondo di Amelie". Come per molti la trovata che più apprezzato è senz'altro le elenco delle piccole cose che ciascuno ama, piccole impercettibili soddisfazioni che la vita di concede del tutto gratuitamente, che ciascuno di noi custodisce segretamente.

Sono giorni che non vedo altro che queste piccole cose, che stilo un interminabile elenco di piccole segrete situazioni che generano un sorriso per tutti gli altri inspiegabile. In ordine assolutamente sparso, ecco le mie preferite:

Osservare in biblioteca le belle ragazze che guardano a loro volta ragazze più belle di loro; sono combattute da un viscerale orgoglio femminile, pensando dell' "altra":
b) Lei non saprebbe chi è il Presidente della repubblica, io sì.
c) Si è già passata tutta la biblioteca
d) "sì ma se vieni in biblioteca con i pantaloni bianchi aderenti allora sei anche un po' esibizionista! Perchè non ti metti una maglietta con una freccia gigante verso il basso e la scritta " sì, ho un bel culo" a questo punto?

Parentesi: mi piacerebbe sinceramente capire dalla a alla zeta la mentalità femminile, troppo figlia di luoghi comuni davvero poco attendibili accumulati nel tempo. Per esempio ho compreso nel tempo che nelle donne la competizione, anche per cose davvero idiote, è molto più forte che tra gli uomini per i quali anzi è del tutto marginale.
Fine parentesi.

Mi piacciono le sciure milanesi ( per chi non ha confidenza con il lumbard, le sciure sono le signore milanesi un po' anziane). Mi piace praticamente qualsiasi cosa facciano, come si rapportano con una città profondamente cambiata rispetto a quella in cui sono cresciute, come guardano con circospezione gli immigrati. Mi piace la loro tenacia con cui si districano sui mezzi pubblici cercando disperatamente di timbrare il biglietto quando delle restanti quaranta persone sull'autobus venti se ne sono beatamente fregati e 10 sanno a mala pena dove si trova l'obliteratrice. A volte mi trasmettono un po' di solitudine, soprattutto perchè a volte ho l'impressione che la prospettiva dell'affollamento dell'autobus sia per loro ribaltata rispetto a tutti gli altri. E' certamente un fastidio logistico, ma è come se per loro sia una botta di "socialità" in una vita segnata da una profonda solitudine. Alcuni li vedi che non vedrebbero l'ora per attaccare bottone su qualsiasi cosa, basterebbe il minimo pretesto.

Ho una passione quasi fisica per il vento. Mi piace il vento, e mi piace il vento a Milano. Pulisce l'aria e trasforma il colore del cielo, soddisfazione che chi vive quotidianamente in luoghi meno grigi e intossicati non può assaporare allo stesso modo. Altro riferimento cinematografico, il sacco di plastica sospinto dal vento in un cortile, splendida scena da "American Beauty"per ricordarci quanta vita ci sia anche nelle cose più insignificanti. Quando a Milano soffia il vento immagino borse di plastiche volteggiare dappertutto sul cielo milanese, magari con in sottofondo Plastic Bag di Thomas Newman.

Mi piace ascoltare sull'ipod canzoni di cui ci sarebbe davvero da vergognarsi, approfittando tuttavia del fatto che nessuno può condividere il proprio imbarazzante gesto. E' fantastico poter ascoltare "Sere Nere" di Tiziano Ferro a tutto volume senza che chi ci siede a fianco in metropolitana possa sospettare di nulla, camminare disinvolti per strada ascoltando "Ti sento vivere " di MAx Pezzali con la stessa nonchlance con cui si ascolterebbe "Fear of the Dark " degli Iron Maiden, guardare fuori dal finestrino dell'autobus senza che vi sta guardando possa nemmeno immaginare che state ascoltando l'ultima hit di Irene Grandi ( mi piace sul serio, sarà un problema?)

Potrei andare avanti per ore. Chiunque voglia lasciare un saluto stavolta è obbligato ad allegare anche il suo "mi piace".

mi congedo con una cosa che non c'entra assolutamente nulla ma che è un pezzo di comicità davvero unico.

Soltanto la scelta registica sembra studiata a tavolino: lunga requisitoria di Berlusconi contro il comunismo e i comunisti che fa pensare che di fronte ci siano Lenin e Mao armati di forconi contadini e poi lo stacco del regista su Rutelli e Parisi. " Quando si è comunisti come lo sono loro..."
Nessun presidente ci farà più così ridere, un giorno lo rimpiangeremo. Io ve l'ho detto.

Jerome