meno sappiamo e piu' lunghe sono le nostre Spiegazioni

giovedì, agosto 09, 2007

Lettera aperta al Corriere

Lunedì sulla prima pagina del corriere è apparso questo scempio.

Di solito non mi perdo in facili polemiche, ma non ho resistito alla tentazione di scrivere per la prima volta al Corriere. Sfortunatamente Alberoni non ha un forum aperto con i lettori come altri editorialisti, perciò la mia lettera si perderà nel vuoto. La pubblico qui così lo sforzo non sarà vano E' stata scritta molto di fretta, perdonate le consuete inevitabili banalità.

Caro Direttore,

Lunedì 6 Agosto è stato come di consueto pubblicato un articolo del professor Alberoni dal titolo "Guai a dimenticare che esistono gli invidiosi". Lo stesso giorno il Corriere ha avuto una tiratura di oltre 700.000 copie. Tale cifra riflette, in difetto, il numero minimo di lettori che ha sfogliato il giornale. Mi chiedo, può il più importante quotidiano nazionale pubblicare sulla sua prima pagina un testo che recita, testuali parole: "Se vuoi diventare professore universitario non basta che tu faccia ottime ricerche, devi andare ai congressi, mostrare con deferenza i tuoi lavori ai professori più anziani, scegliere la collocazione politica giusta, affiliarti ad un barone potente". E ancora " Una bella ragazza che vuole sposare un milionario non deve fare l'errore di frequentare i posti dove ci sono solo i poveri in canna, ma andare in quelli dove incontra i ricchi".
Chi scrive ha 22 anni, frequenta l'Università e coltiva la legittima e ingenua illusione che le perversioni di una società malata debbano essere sanate, anche al di là di quanto questo sia praticamente realizzabile. E' un privilegio esclusivo di noi giovani guardare a ciò che c'è di sbagliato nella società di oggi senza essere divorati dalla disillusione da immobilismo da cui ormai sono afflitti i nostri genitori. Se perciò è vero ciascuno ha il diritto di pensarla come vuole, compreso il professor Alberoni anche se dotato di una visibilità non indifferente, mi riservo il diritto di affermare che parole come quelle sopra menzionate non solo fanno mi fanno personalmente rabbrividire ma fanno male alla società stessa che l'autore da anni si impegna ad analizzare. Esse annullano in un istante gli invisibili sforzi che ogni giorni uomini e donne oneste compiono nel più totale anonimato, per costruire una società più giusta. Il modo migliore per uccidere il clientelismo che si è ormai annidato come un cancro nella società di oggi non è accettarlo così com'è, cercando anzi se possibile di volgerlo il più possibile a nostro favore come recita l'articolo ma indignarci sempre e comunque, anche ogni giorno se esso si ripropone ai nostri occhi con puntuale costanza. Uomini e donne sudano ogni giorno proprio per non dover " scegliere la collocazione politica giusta" e quelle parole così in vista in un giornale così prestigioso sono un insulto al sacrificio di queste stesse persone.
Quando, soprattutto negli ultimi tempi, si osa menzionare il termine "meritocrazia" si viene spesso derisi, accusati di inseguire una chimera irraggiungibile. Dirò di più, probabilmente è così. Non solo però nessuno può impedire a noi giovani ingenui di incamminarci verso tale traguardo, ma abbiamo noi il sacrosanto diritto di dissentire se il più illustre quotidiano sembra soffiarci vento in senso contrario.
Ha scritto Pietro Ingrao che per essere realisti bisogna guardare alla luna, forse è l'ennesima ingenua illusione. Certo guardando non più lontano del proprio passo, come le parole del Professor Alberoni sembrano testimoniare, non si va lontano.

Jerome

Etichette: